martedì 30 aprile 2013

Richard Avedon



Richard Avedon e Sophia Loren
Le biografie che si traducono in semplici elenchi di avvenimenti rischiano di essere noiose. Preferisco, come nel post su Giovanni Gastel, che a parlare siano aneddoti, interviste e fotografie. Raccolgliere e dare forma alle informazioni su Avedon ha ulteriormente rafforzato queste mie convinzioni. Non sono riuscito a trovare aneddoti particolarmente curiosi o interessanti ed ho trovato la sua vita tutto sommato piuttosto “normale”. Al contrario, i suoi scatti ed il suo stile sono qualcosa di unico, rappresentano un punto di rottura con la fotografia di moda come la si era intesa fino a quel momento. Niente più modelli impassibili ed apparentemente indifferenti alla fotocamera, bensì carichi di emozione, sorridenti, spesso in azione. Avedon maturò inoltre la convinzione che la luce diurna delle foto all'aperto non rispondesse ai suoi gusti ed ai suoi canoni e per questo motivo perfezionò sempre più la tecnica in studio con l'utilizzo di lampeggiatori. Proprio da qui deriva una delle caratteristiche peculiari dei suoi ritratti, l’assoluta pulizia dell’ambiente e quindi dell’immagine, l’assenza di elementi estranei al soggetto, il ricorso a fondali bianchi o grigi. Il soggetto è la fotografia, e viceversa, nulla di più.

Marilyn Monroe, New York City (1957)

Richard Avedon nacque a New York il 15 maggio 1923 da una famiglia ebraica. Suo padre Jacob Israel Avedon era un immigrato di origine russa che aveva avviato un'attività di successo nella vendita di abiti al dettaglio, sulla Fifth Avenue, chiamato Fifth Avenue di Avedon. Sua madre Anna proveniva da una famiglia che possedeva una azienda di produzione di vestiti. Fu proprio lei ad incoraggiare l'amore di Richard per la moda e l'arte, fin da quando questi era piccolo. All'età di 12 anni gli interessi di Richard si orientarono verso il mondo della fotografia ed iniziò a frequentare la "Young Men’s Hebrew Association (YMHA) Camera Club". Utilizzò la Kodak Brownie Box di famiglia per alimentare la sua curiosità per il mondo che lo circondava e per ritirarre momenti dalla sua vita personale. Durante la seconda guerra mondiale entrò in Marina e scattò foto identificative dei membri dell’equipaggio con una Rolleiflex biottica che gli era stata regalata dal padre. 

Dovima with elephants, 1955
Nel 1944 iniziò a lavorare come fotografo pubblicitario e fu presto notato da Alexey Brodovitch, art director del fashion magazine Harper's Bazaar; in poco tempo le sue foto iniziarono ad essere pubblicate sulla rivista. Egli divenne ben presto il capo fotografo per Harper Bazaar e da qui iniziò una collaborazione artistica con Brodovitch che li portò nel 1959 a realizzare Observations, libro di ritratti che destò molto scalpore, per il quale Brodovitch stesso curò la veste grafica e Truman Capote i testi. Nel 1946 Avedon allestì il suo studio ed iniziò a realizzare fotografie che vennero pubblicate su altre prestigiose riviste tra cui Vogue e Life. Nel 1955 realizzò “Dovima con elefanti“ (Abito da sera di Dior , Crice D’Hiver, Parigi, agosto 1955) - quella che forse è la sua più celebre fotografia di moda.

La sua fama aumentava, la sua cifra stilistica viveva una grande evoluzione ed Avedon iniziò a rivolgersi con interesse e dedizione sempre maggiori a grandi progetti di ritratto intesi come mezzo per esplorare temi culturali, politici e personali. Nel 1974 espose al MOMA di New York una serie sulla lenta morte del padre Jacob Israel Avedon sconvolgendo critica e pubblico: una commovente testimonianza dell’inevitabile declino di una personalità forte nonché una tenera testimonianza del suo rapporto con il genitore. Nel 1985 realizzò quella che forse è rimasta la sua opera più importante, In the American West. Ritratti della classe operaia americana (macellai, minatori, detenuti e cameriere...) fotografata con cura estrema del particolare, usando una macchina di grande formato e gli sfondi bianchi che sono una caratteristica del suo stile maturo. All’apparenza questi ritratti risultano minimalisti ma, come sottolinea egli stesso, non vanno letti come semplici inventari di individui; egli afferma: "il momento in cui un’emozione o un fatto è trasformato in fotografia, non è più un fatto ma un’opinione".

John and Jackie Kennedy

Innovativo, tagliente, attentissimo ai dettagli. Richard Avedon è considerato uno dei più grandi fotografi della storia e il suo stile è inconfondibile in tutti i generi fotografici nei quali si sia applicato. Alcuni suoi ritratti costituiscono vere pietre miliari della storia della fotografia: i membri della “Warhol factory”, la famiglia Ginsberg, i “Chicago Seven”, il ritratto di Charlie Chaplin. Avedon non ha mai avuto alcun riguardo a portare alla luce, su sfondo bianco, gli aspetti più intimi dei suoi protagonisti-soggetti. Per questo motivo, oltre alle attenzioni che si crearono attorno alla sua figura professionale ed al suo stile, nacque qualche “timore” da parte dei soggetti; «Sia clemente con me», dichiarò Henry Kissinger prima di una sessione. Mentre per i ritratti utilizzò moltissimo lo studio, il grande successo nel mondo della moda derivò dal fatto che per primo decise di abbandonare la fotografia “artificiosa” ideata in studio portando le modelle “sulla strada”, a Parigi, nei café e nei salotti. Questo segnò l’inizio di una nuova era della fashion photography: il suo approccio sempre più minimal, diviene d’ora in poi esemplare per un’intera generazione di fotografi. 

Carmen, 1957

Prima di lasciare che siano le sue splendide foto a raccontare qualcosa di lui in modo più efficace, una sua celebre frase: «Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. È come se mi fossi dimenticato di svegliarmi».

Veruschka Von Lehndorff



Veruschka Von Lehndorff



Jean Shrimpton, Paris - 1965


Jean Shrimpton, Paris - 1965


Suzy Parker and Robin Tattersall

giovedì 4 aprile 2013

Questa avrei potuto farla anche io


"Questa avrei potuto farla anche io se avessi potuto viaggiare come lui". "Certo se avessi la sua attrezzatura..."

Se vi fosse mai capitato di visitare una mostra fotografica, all'uscita avreste sentito esattamente queste due frasi, ripetute da più voci all'interno di ogni piccolo gruppetto di persone, fra amici e fra persone sconosciute fra loro ma i cui sguardi si sono incrociati davanti ad una bella foto. A me è capitato di recente, durante e dopo la visita alla mostra di Steve McCurry "Viaggio intorno all'uomo". La prima delle due affermazioni è più difficile da contrastare e seppure io abbia provato a farlo a più riprese con alcuni conoscenti ed amici, sono uscito sempre sconfitto perchè siamo quasi nel campo della filosofia, è difficile contrastare quel tipo di ideologia con fatti tangibili.

La seconda teoria invece è più facile da smontare, è sufficiente proporre qualche scatto di ottimo livello realizzato con attrezzatura economica. A quel punto magicamente anche i più accaniti fotoamatori schiavi dell'attrezzatura costosissima ed all'ultimo grido, posti di fronte all'evidenza dei fatti, devono mestamente capitolare. 

Io non faccio parte della schiera dei talentuosi fotografi in grado di argomentare questa tesi; non riesco a scattare fotografie mozzafiato neppure con il top della mia attrezzatura, figuriamoci con macchinette da poco... tuttavia ritengo che la cosa sia sfidante e stimolante e proprio nei periodi di scarsa creatività rispolvero dal cassetto la mia prima reflex digitale, una povera Nikon D70 da soli 6 megapixel acquistata nel lontano 2005, per dimostrare a me stesso prima ancora che ad altri che è possibile superare i limiti imposti da un corredo "povero" e realizzare scatti quantomeno decenti.

In un certo senso questo vuole essere un messaggio di incoraggiamento per tutti coloro che, dopo anni di compattine, avrebbero intenzione di avvicinarsi al mondo delle reflex senza spendere un intero stipendio. L'attrezzatura che ho utilizzato il giorno di Pasquetta è reperibile nelle vetrine dell'usato con una cifra attorno ai 200€, forse qualcosina di più.

Nikon D70, 100÷150€ al massimo.
Nikon 18÷55mm f4÷5.6, 80÷100€ al massimo
In alternativa l'ottimo 50mm f1.8, supernitido e superluminoso, 80€ circa.

Pomeriggio piovoso, a pochi metri dalla riva del mare sono riuscito a scovare le prime tracce di primavera. Questi timidi fiorellini sono grandi come una moneta da cinque centesimi ed il mio 18÷55 non era certo l'ottica migliore per i micro soggetti. Nessun capolavoro ma, considerate le condizioni meteo e di illuminazione piuttosto sfavorevoli, sono contento di aver portato a casa almeno qualche scatto presentabile. Attendo con ansia un timido raggio di sole per potervi proporre qualche immagine migliore e con la speranza di fornire lo spunto a chi volesse acquistare con poca spesa la sua prima reflex.

Aggiungo le versioni pubblicate su Instagram e... vi saluto :)