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Richard Avedon e Sophia Loren |
Le biografie che si
traducono in semplici elenchi di avvenimenti rischiano di essere noiose.
Preferisco, come nel post su Giovanni Gastel, che a parlare siano aneddoti,
interviste e fotografie. Raccolgliere e dare forma alle informazioni su Avedon
ha ulteriormente rafforzato queste mie convinzioni. Non sono riuscito a trovare
aneddoti particolarmente curiosi o interessanti ed ho trovato la sua vita tutto
sommato piuttosto “normale”. Al contrario, i suoi scatti ed il suo stile sono
qualcosa di unico, rappresentano un punto di rottura con la fotografia di moda
come la si era intesa fino a quel momento. Niente più modelli impassibili ed
apparentemente indifferenti alla fotocamera, bensì carichi di emozione,
sorridenti, spesso in azione. Avedon maturò inoltre la convinzione che la luce
diurna delle foto all'aperto non rispondesse ai suoi gusti ed ai suoi canoni e
per questo motivo perfezionò sempre più la tecnica in studio con l'utilizzo di
lampeggiatori. Proprio da qui deriva una delle caratteristiche peculiari dei
suoi ritratti, l’assoluta pulizia dell’ambiente e quindi dell’immagine,
l’assenza di elementi estranei al soggetto, il ricorso a fondali bianchi o
grigi. Il soggetto è la fotografia, e viceversa, nulla di più.
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Marilyn Monroe, New York City (1957) |
Richard Avedon nacque a
New York il 15 maggio 1923 da una famiglia ebraica. Suo padre Jacob Israel
Avedon era un immigrato di origine russa che aveva avviato un'attività di
successo nella vendita di abiti al dettaglio, sulla Fifth Avenue, chiamato
Fifth Avenue di Avedon. Sua madre Anna proveniva da una famiglia che possedeva
una azienda di produzione di vestiti. Fu proprio lei ad incoraggiare l'amore di
Richard per la moda e l'arte, fin da quando questi era piccolo. All'età di 12
anni gli interessi di Richard si orientarono verso il mondo della fotografia ed
iniziò a frequentare la "Young Men’s Hebrew Association (YMHA) Camera
Club". Utilizzò la Kodak Brownie Box di famiglia per alimentare la sua
curiosità per il mondo che lo circondava e per ritirarre momenti dalla sua vita
personale. Durante la seconda guerra mondiale entrò in Marina e scattò foto
identificative dei membri dell’equipaggio con una Rolleiflex biottica che gli
era stata regalata dal padre.
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Dovima with elephants, 1955 |
Nel 1944 iniziò a lavorare come fotografo
pubblicitario e fu presto notato da Alexey Brodovitch, art director del fashion
magazine Harper's Bazaar; in poco tempo le sue foto iniziarono ad essere
pubblicate sulla rivista. Egli divenne ben presto il capo fotografo per Harper
Bazaar e da qui iniziò una collaborazione artistica con Brodovitch che li portò
nel 1959 a realizzare Observations,
libro di ritratti che destò molto scalpore, per il quale Brodovitch stesso curò
la veste grafica e Truman Capote i testi. Nel 1946 Avedon allestì il suo studio ed
iniziò a realizzare fotografie che vennero pubblicate su altre prestigiose
riviste tra cui Vogue e Life. Nel 1955 realizzò “Dovima con elefanti“ (Abito da sera di Dior
, Crice D’Hiver, Parigi, agosto 1955) - quella che forse è la sua
più celebre fotografia di moda.
La sua fama aumentava, la
sua cifra stilistica viveva una grande evoluzione ed Avedon iniziò a rivolgersi
con interesse e dedizione sempre maggiori a grandi progetti di ritratto intesi
come mezzo per esplorare temi culturali, politici e personali. Nel 1974
espose al MOMA
di New York una serie sulla lenta morte del padre Jacob Israel Avedon
sconvolgendo critica e pubblico: una commovente testimonianza dell’inevitabile
declino di una personalità forte nonché una tenera testimonianza del suo
rapporto con il genitore. Nel 1985 realizzò quella che forse è rimasta la sua opera più
importante, In the American West. Ritratti della classe operaia americana
(macellai, minatori, detenuti e cameriere...) fotografata con cura estrema del
particolare, usando una macchina di grande formato e gli sfondi bianchi che
sono una caratteristica del suo stile maturo. All’apparenza questi ritratti
risultano minimalisti ma, come sottolinea egli stesso, non vanno letti come
semplici inventari di individui; egli afferma: "il momento in cui
un’emozione o un fatto è trasformato in fotografia, non è più un fatto ma
un’opinione".
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John and Jackie Kennedy |
Innovativo,
tagliente, attentissimo ai dettagli. Richard Avedon è considerato uno dei più
grandi fotografi della storia e il suo stile è inconfondibile in tutti i generi
fotografici nei quali si sia applicato. Alcuni suoi ritratti costituiscono vere
pietre miliari della storia della fotografia: i membri della “Warhol factory”,
la famiglia Ginsberg, i “Chicago Seven”, il ritratto di Charlie Chaplin. Avedon
non ha mai avuto alcun riguardo a portare alla luce, su sfondo bianco, gli
aspetti più intimi dei suoi protagonisti-soggetti. Per questo motivo, oltre
alle attenzioni che si crearono attorno alla sua figura professionale ed al suo
stile, nacque qualche “timore” da parte dei soggetti; «Sia clemente con me», dichiarò
Henry Kissinger prima di una sessione. Mentre per i ritratti utilizzò
moltissimo lo studio, il grande successo nel mondo della moda derivò dal fatto
che per primo decise di abbandonare la fotografia “artificiosa” ideata in
studio portando le modelle “sulla strada”, a Parigi, nei café e nei salotti. Questo
segnò l’inizio di una nuova era della fashion photography: il suo approccio
sempre più minimal, diviene d’ora in poi esemplare per un’intera generazione di
fotografi.
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Carmen, 1957 |
Prima di lasciare che
siano le sue splendide foto a raccontare qualcosa di lui in modo più efficace,
una sua celebre frase: «Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato
alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. È come se
mi fossi dimenticato di svegliarmi».
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Veruschka Von Lehndorff |
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Veruschka Von Lehndorff |
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Jean Shrimpton, Paris - 1965 |
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Jean Shrimpton, Paris - 1965 |
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Suzy Parker and Robin Tattersall |